Uomo politico serbo. Entrato in contatto con le idee socialiste di Bakunin, nel
1875 prese parte ai moti insurrezionali in Erzegovina. Nel 1877 fu tra i
fondatori del giornale radicale "L'autonomia", e del Partito radicale serbo, di
cui divenne capo nel 1882. Costretto all'esilio per le sue posizioni di aperto
contrasto nei confronti della dinastia Obrenovič, poté far ritorno
in patria dopo l'abdicazione di re Milan (1889), assumendo la carica di
presidente dell'Assemblea Nazionale e di sindaco di Belgrado. Fautore di una
politica filo-russa, e implicato nuovamente in una congiura contro gli
Obrenovič, fu costretto ancora all'esilio. L'ascesa al trono dei
Karageorgevič (1903) determinò il suo definitivo ritorno in patria,
dove assunse in varie riprese la carica di ministro degli Esteri e di capo del
Governo. Durante le guerre balcaniche (1912-13) riuscì ad assicurare alla
Serbia grandi vantaggi territoriali, riunendo sotto l'autorità di
Belgrado gli Slavi del Sud. Dopo la fine della prima guerra mondiale,
firmò un accordo con Croati e Sloveni per la creazione del nuovo Stato
jugoslavo, in cui le diverse etnie godessero di pari dignità (Patto di
Corfù, 20 luglio 1917). Fautore di una politica nazionalistica e tendente
ad assicurare la supremazia alla componente serba, fu primo ministro dal 1921 al
1926, e riuscì a imporre una Costituzione che, di fatto, sanciva il
predominio dei Serbi all'interno della federazione. Firmò il Patto di
Roma (27 gennaio 1924), con cui si regolava con l'Italia la questione di Fiume
(Zaječar 1845 - Belgrado 1926).